TITOLO
Don Marco Corradini
Parroco di Solarolo/Felisio dal novembre 2008
don Claudio
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FELISIO UNA PAGINA DI STORIA
Felisio, il cui nome è da poco meno di due secoli praticamente più noto dello stesso Solarolo, per via del ponte sul Senio, conserva cura d’anime, oltre che in quel di Cotignola anche in una striscia di territorio faentino, a ridosso del fiume; questa situazione lascia quindi intravedere ancora oggi la curiosa e complessa origine di Felisio, in merito alla quale abbiamo il conforto di documenti fin dal XIII secolo.
Il titolo parrocchiale è:” S.Maria in Felisio”, dove “in Felisio” indica chiaramente la località dove la chiesa risiede.
Questo nome però è variato, col passare del tempo, dalla primitiva forma latina.
Il sigillo parrocchiale in bronzo, forse del XV secolo, porta incisa questa iscrizione:” PAROC EC S M IN FELICI”, cioè ”Parrocchiale chiesa di S.Maria in Felice”.
Nel secolo seguente, in tantissimi documenti della Compagnia di S. Croce, la dizione italiana è ”S.Maria in Felice”, però un documento del 1606 dice: ”Societatis S: Crucis in Villa Felisi”, e dopo la metà del secolo compare a volte la storpiatura italiana di S.Maria in Felise”.
Agli inizi del 1700 si afferma e diventa stabile la dizione”S:Maria in Felisio”.
Felice era il nome che in antico si dava al passo del fiume Senio nella località della via Passo S.Martino. Infatti in documenti medioevali viene chiamato: ”Passo di S.Martino in Felice” e nella dizione latina:”In Agro Felici”.
Evidentemente dunque quella denominazione era stata data al passo per un riferimento alla proprietà del terreno sul quale esisteva; probabilmente questo Felice poteva essere l’assegnatario di quel terreno, nella centuriazione fatta nel secondo secolo prima di Cristo.
Il fatto poi che per vari chilometri non esistessero altri passi sul fiume, dava particolare importanza a quella unica strada che collegava gli estesi e fertili territori della destra e sinistra del Senio, che poi a quei tempi si chiamava Tiberiacum, cioè piccolo Tevere.
Anche il cristianesimo ha viaggiato sino a noi su quella strada che partiva dalla Pieve di S.Andrea, sorta nel VII secolo.
Un primo segno della sua presenza fu una cappella sorta sulla riva destra del passo, dedicata a S.Martino, il cui culto stava diffondendosi in tutta Europa; da essa prese nome di “Passo di S.Martino in Felice”.
In seguito poi, sulla sinistra del Senio, sorse una chiesetta, come centro delle famiglie dei dintorni, per le liturgie domenicali che venivano presiedute da un sacerdote del presbiterio della Pieve; nella seconda metà del XIII secolo, con la presenza stabile di un sacerdote, divenne la parrocchia di S.Maria in Felice.
Una nota: Il passo oltre che un guado per i carriaggi, aveva anche un traghetto con barca per i pedoni, specialmente per quando l’acqua era alta.
Le famiglie pagavano al barcaiolo alcune misure di grano annualmente.
Il toponimo S.Martino segnato ancora oggi sulle carte topografiche è ubicato a 700 mt. circa a valle del ponte Felisio.
Passiamo ora ad accennare ai guadi sul fiume nel territorio di Felisio che sappiamo essere stati ben tre; il primo ricordato (XVI sec) è il passo di Felisio, posto qualche metro più a valle del ponte attuale; verso la fine del ’700 il passo S.Martino (per carri e carrozze) viene trasferito, per meglio collegarlo alla viabilità del faentino, vicino a quello di Felisio che serviva persone a piedi, a cavallo o con animali da soma e che sappiamo dotato di barca, almeno dall’anno 1600.


Il nuovo passo per carri di cui abbiamo detto fu comunque approntato malamente e nel giro di pochi anni andò in rovina, per cui i faentini si risolsero di costruire finalmente un ponte; avvenne nel 1807 e il manufatto di legno ha resistito sino alla seconda guerra mondiale.
Prima del ponte, alla fine del ‘700, fu costruita una nuova chiesa e il cimitero (1778) presso l’incrocio con Solarolo, rialzando il terreno di alcuni metri, per preservarli dalle frequenti alluvioni.
Santuario Mariano della zona, Felisio è stata una delle prime parrocchie a celebrare il Mese Mariano; fu infatti una sera di Maggio del 1840 quando il ragazzo Paolo Taroni, ascoltando i canti mariani, si innamorò della Madonna:
- Ave Maria anch’io dissi e l’amai
e l’amo e l’amerò finché già morto
d’amarla in ciel non lascerò giammai -

Quando nell’orrore della seconda guerra mondiale si immolarono così tante vite umane, come il ponte e le case, anche la chiesa fu distrutta.
In quei drammatici frangenti, la Provvidenza si servì dell’amato parroco don Natale Valenti per salvare gli arredi sacri e le preziose e venerate icone.
La chiesa, ricostruita sulle macerie, fu inaugurata nel 1957 e si presenta di ispirazione totalmente mariana.




Tratto dalle ricerche storiche pubblicate
da Lucio Donati e da mons. Giuseppe Tambini
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